È passato circa un anno,
era lo stesso panino
anzi
lo stesso menù,
era lo stesso viaggio di ritorno
Milano-Firenze
rigorosamente in frecciarossa,
Firenze-Siena
maledettamente in un chiassoso
anzianotto treno trasandato.
La mozzarella nel panino
irresistibile dopo giorni di latticini mancati,
il ristorante vuoto o quasi,
l’esperienza appena vissuta
sparisce subito, anzi,
si fa gentilezza rilassata
nei confronti della cassiera.
La corsa verso lo stesso binario 7
con la borsa in una mano
e l’aria di casa che accarezza l’altra
traumaticamente.
È passato circa un anno,
non era lo stesso Pietro
non aveva conosciuto Danilo, Nicholas,
Moussaad, Cosimo, Valentina, Benedetta, le due Rebecche, Maurizia, Stefania e Natasha.
Non aveva alcuna certezza
tantomeno oggi, figuriamoci,
tranne una: l’amore sentito
sulla pelle, nella testa, nell’aria.
Un anno fa con sé stesso
andava tutto più o meno bene,
a gonfie vele un veliero ammaccato
circondato soltanto da acqua.
Un anno fa con gli altri
iniziava a sentire qualcosa di nuovo
si
un legame sottile come una lenza,
difficile abboccare o far abboccare
pensava tra sé e sé.
Oggi ha smesso di praticare il sociale
come se fosse una battuta di pesca:
preferisce lo snorkeling
dal punto di vista di un pesce
che osserva un altro pesce,
due simili che agiscono diversamente
con lo stesso obiettivo primario
di sopravvivere al meglio.
Quante parole sprecate
metafore forzate e dunque sbagliate
per cercare di esprimere
con profondità indotta
sensazioni già troppo profonde di per sé.
Prende la parola Pietro il giorno dopo:
ho vissuto intensamente
improvvisato corpo e mente
dato e ricevuto consigli oggettivi
per quanto possibile tra nuovi amici,
sorriso senza preoccuparmi del perché
parlato senza un filtro che ormai non c’è.
Grazie ragazzi
e grazie a me stesso
anche se questa volta mi è caduto tutto,
sul treno ho poggiato la ciotola sulla valigia,
la valigia era poggiata a terra sul treno
il treno si muoveva e
come vi dicevo
è uno stupido treno sgangherato che oscilla
e grida continuamente.
Ero abituato al Frecciarossa vedi?
Mai abbassare la guardia:
è un attimo che la tua cena cade a terra
sul pavimento sudicio di un treno putrido.
Mai chiudere il cuore,
di fianco a me c’era un ragazzo
ha visto la scena e decido di parlargli:
“hai visto cosa ho fatto?”
mi risponde che si unisce al mio dolore,
è un senese qualunque
conosce altrettanti senesi qualunque
eppure si è creato un legame anche con lui,
ha la sua storia e il suo sguardo
mi rispecchio in alcune cose
sorrido genuinamente per altre e alla fine
lo accompagno a casa in macchina.
L’avevo lasciata in viale Sardegna
e per fortuna la pulizia delle strade
sarebbe avvenuta l’indomani mattina.
Insomma oggi
si, proprio oggi
scrivo per Danilo, Nicholas,
Moussaad, Cosimo, Valentina, Benedetta, le due Rebecche, Maurizia, Stefania, Natasha
e finalmente
non soltanto per me stesso.
Durante il viaggio di andata, in direzione Milano, sul seggiolino che presto sarebbe diventato insopportabile di un qualunque Itabus viaggiatore avevo scritto così:
Ho lo smalto,
i capelli lunghi,
la dolce sensibilità femminile.
Vesto largo e scuro,
osservo tutti con sfida,
con alta apatia maschile.
Mi guardano uomini e donne
pochi in realtà,
io guardo praticamente tutti,
chi è fermo in attesa con vicinanza,
chi passa di fretta con noncuranza,
chi si muove con calma
con calma.
Giorno di lauree all’università per stranieri:
cori, grida, applausi
una mamma orientale
si avvicina al figlio orientale
il papà indietro, flemmatico.
Il ragazzo è vestito molto bene
lo smoking è di un blu acceso ma scuro
almeno così lo ricordo.
È molto affascinante
il modo in cui prende la mano della mamma
per aiutarla a scendere lo scalino.
Non si abbracciano.
Neanche con il papà,
nel frattempo arrivato a destinazione
dopo una traiettoria opposta alla moglie.
Il ragazzo li precede,
si incammina verso l’entrata dell’università,
tante persone in fila attendono impazienti
ma la storia di questo ragazzo
per qualche secondo
ha vinto su tutte.
Alzo lo sguardo perchè un sorpasso
sembra più difficile del previsto,
l’autista suona al camionista,
i due mezzi si affiancano
restano così finché possono,
saluto il camionista che non ricambia.
Probabilmente a voi poco importerà
di una giornata così importante per me,
in viaggio verso Milano
i luoghi visti e rivisti hanno sempre
qualcosa in più,
siamo ancora a Bargino
che non so dove sia ma colloco vicino.
Come pensavo ieri sera:
sono in viaggio nuovamente da solo
e non c’è niente di più piacevolmente
destabilizzante.
Uso troppo spesso i due punti
perché incarnano l’ordine
nel caos di questi appunti.